Ormai sono due anni che il Covid 19 ha letteralmente messo in ginocchio l’economia mondiale. Tantissime attività, infatti, hanno dovuto chiudere i battenti a causa delle restrizioni imposte dai vari Governi per ridurre i contagi.
Per dare una maggiore consapevolezza in merito agli effetti negativi che ha avuto il Covid sulla nostra economia, basti pensare che, secondo gli studi dell’Ufficio Studi di Confcommercio solo nel 2020 sono stati persi circa 160 miliardi di Prodotto interno lordo (PIL) e quasi 130 miliardi di consumi.
Secondo gli studiosi, per trovare un anno peggiore del 2020 (da un punto di vista prettamente macroeconomico) occorre ritornare indietro nel tempo fino al 1944.
Purtroppo l’emergenza pandemica si è abbattuta in modo drammatico sul sistema economico mondiale e ha fatto seri danni nel nostro sistema, caratterizzato dalla presenza di imprese di piccole e medie dimensioni che, purtroppo, non hanno retto alle varie restrizioni. In particolare, i settori maggiormente colpiti risultano essere quelli del turismo, della ristorazione, sportivo, intrattenimento e tutto il comparto della cultura.
Ovviamente le imprese che hanno retto alle problematiche non ne sono uscite indenni, anzi, moltissime hanno dovuto far ricorso a strumenti di credito determinando così fenomeni di sovraindebitamento che, di fatto, le espongono a grossi rischi economici.
I settori maggiormente colpiti dal Covid e che stentano a ripartire
Come sopra anticipato, il Covid è una piaga che purtroppo ha investito tutto il mondo in tutti i settori.
Per quanto concerne l’aspetto economico, purtroppo, anche in questo caso non ci sono settori che non hanno risentito delle problematiche connesse al nemico invisibile che ha messo in ginocchio il mondo intero.
Tuttavia, tra i diversi settori, ce ne sono alcuni che sono stati letteralmente messi in ginocchio dalla pandemia e che, a due anni dal primo contagio da Covid-19, ancora oggi non riescono a ripartire come vorrebbero.
Ovviamente questo fenomeno si ripercuote anche su determinate fasce di lavoratori, quelli maggiormente colpiti sono: lavoratori stagionali, precari, specie donne e giovani.
Il settore del turismo
Uno dei settori che sono stati letteralmente messi a dura prova dal Covid-19 è quello del turismo.
Nell’ultimo anno si è registrato un -54% delle presenze di turisti nelle strade italiane nei mesi estivi.
Questo è sicuramente un dato allarmante in un Paese come l’Italia dove il settore del turismo è stato sempre solido.
Dopo una (apparente) ripresa nei primi mesi del 2022, il settore del turismo ha subito una nuova stangata nel periodo natalizio, periodo in cui, a causa degli aumenti dei contagi a livello globale, ha indotto tantissime persone a cancellare le prenotazion.
Ovviamente tale crisi ha lasciato una lunghissima scia di licenziamenti che ha determinato un notevole aumento di disoccupazione e di precariato.
Il settore della ristorazione
La mancanza di turisti nelle città italiane hanno causato una forte crisi non solo nel settore turistico ma anche in quello della ristorazione, fortemente connesso al primo. I dati istat precisano che nei mesi estivi del 2021 ci sono stati circa 556 mila posti occupati in meno rispetto al 2020.
Tuttavia, in questi ultimi mesi pare che il settore in questione si stia rimettendo in piedi, anche se moltissimi bar, ristoranti, pizzerie ecc non hanno retto alle eccessive restrizioni, senza considerare quelle che, invece, si sono sovraindebitate per evitare di chiudere i battenti.
Moltissime attività, infatti, hanno richiesto prestiti per poter far fronte alle spese, tasse ecc anche nei periodi in cui è stata imposta la chiusura totale o le restrizioni che tutti conosciamo.
Il sovraindebitamento causato dal Covid-19
Durante il periodo di pandemia, ma anche nei mesi successivi, non solo le imprese ma anche le persone fisiche sono state costrette a fare ricorso al mercato del credito.
Secondo le statistiche tantissime persone, a causa dei debiti contratti, hanno dovuto richiedere un prestito presso un istituto di credito per poter far fronte alle proprie necessità.
Anzi, secondo le statistiche redatte da CRIF pare che le domande di prestiti sono cresciute del 24% rispetto al 2021. Le famiglie stanno rinunciando anche a sostituire il proprio veicolo, nell’ultimo anno, infatti, secondo CRIF si è registrato un crollo superiore al 90% delle immatricolazioni delle auto nuove, questo, in termini concreti, significa che nel 2021 si sono immatricolate oltre 530 mila auto in meno rispetto agli anni precedenti.
Tutto questo prova, in parole povere, che non solo le imprese, ma anche le famiglie sono state costrette a chiedere prestiti per far fronte alle spese ed alle necessità quotidiane.
Logica conseguenza di tutto questo è la perdita o la riduzione del lavoro.
Secondo l’INPS, infatti, l’anno scorso il numero di ore di cassaintegrazione, da Aprile a Marzo, è cresciuto del 3.761% il che ha creato non poche difficoltà a tantissime famiglie italiane. Lo stesso, se non peggio, si è registrato nel mondo dell’occupazione giovanile. Secondo le tabelle ISTAT, infatti, i grafici del lavoro giovanile è calato a picco nei mesi terminali del 2021 (scendendo da 5.200 a 4.800).