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Settembre 15, 2022 da Gerardo

Legge Fallimentare e Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: cosa cambia

Diritto fallimentare nella gestione della crisi d’impresa: tutte le novità in arrivo

Il Regio Decreto del 16 marzo 1942 n.267, meglio conosciuto come Legge Fallimentare, è il corpus normativo che contiene la disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali.

Il testo originario del Regio Decreto è stato composto da alcuni membri del comitato per il Codice del commercio, e tra i principali autori è possibile sicuramente ricordare Alberto Asquini.

Lo scopo della Legge fallimentare era quello di introdurre nel nostro tessuto ordinamentale un corpus completo volto a disciplinare il fenomeno del fallimento e delle procedure concorsuali in generale, e non solo.

Un ulteriore scopo, infatti, era quello di garantire una maggiore tutela a tutti coloro che avevano avuto rapporti con le imprese.

Senza una procedura concorsuale ad hoc, infatti, i creditori potrebbero rimanere insoddisfatti, e di conseguenza, il principio della par condicio creditorum diverrebbe solamente una mera formula vuota.

Onde evitare tutto ciò, il legislatore ha deciso di intervenire introducendo la Legge Fallimentare, la quale a breve cederà il passo al Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza.

Legge Fallimentare e Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: cosa cambia

Cosa regolamenta la Legge Fallimentare e quanti articoli ha al suo interno

Come sopra anticipato, la Legge Fallimentare, disciplina puntualmente il fenomeno del fallimento in tutte le sue prospettive e tutte le procedure concorsuali. Più precisamente, la legge in esame è composta da ben 241 articoli, i quali sono suddivisi tra Titoli, Capi e Sezioni.

Oltre a definire le procedure concorsuali, la Legge Fallimentare fornisce anche una analitica descrizione di tutto l’iter necessario per poter liquidare il patrimonio dell’impresa, nonché tutti gli organismi che vengono coinvolti, come ad esempio il Giudice, curatore, creditori etc.

Infine, la legge del 1942 contiene anche tutte quelle azioni che il legislatore ha posto a salvaguardia del patrimonio da liquidare, come ad esempio l’azione revocatoria (piuttosto diversa rispetto a quella civilistica c.d. Actio Pauliana).

Chi è soggetto alla legge fallimentare

La Legge Fallimentare non è applicabile a tutti, essa, infatti, è una legge speciale, ovvero non ricompresa nel Codice civile, ovvero la fonte che per antonomasia regolamenta i rapporti intersoggettivi tra privati.

A questo punto però è necessario capire qual è il perimetro applicativo (soggettivo) di tale legge. Per poter rispondere al quesito è necessario leggere l’art. 1 della legge in questione, il quale dispone che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento: gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale ad esclusione degli enti pubblici.

Ancora, non sono soggetti al fallimento e al concordato preventivo gli imprenditori commerciali che dimostrano di avere determinati requisiti: aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; vere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

In conclusione, è lo stesso legislatore ad indicarci a chi può essere applicata la Legge Fallimentare e a chi no.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza

Ormai la Legge fallimentare sta per essere definitivamente sostituita dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nuova legge speciale pensata per regolamentare la liquidazione giudiziale, termine che sostituirà la locuzione “fallimento”.

Più precisamente, il Codice della Crisi d’impresa è entrato in vigore il 15 luglio del 2022, dopo svariate difficoltà accusate dal legislatore per introdurre definitivamente questo corpus normativo nel tessuto ordinamentale.

Si tratta, in parole povere, di un insieme di norme (come lo stesso nome suggerisce) che regolamentano lo stesso fenomeno regolamentato dalla Legge Fallimentare, con alcune differenze ovviamente.

In primis, il CCI ha una diversa impostazione di base, il suo scopo, infatti, è quello della prevenzione, ovvero, il legislatore, sulla scorta dell’orientamento sovranazionale, cerca di prevenire la crisi d’impresa e, conseguentemente, la liquidazione della stessa.

Come? semplice, attraverso svariati strumenti di allerta nonché attraverso assetti organizzativi volti a rivelare tempestivamente la presenza di uno stato di crisi e, di conseguenza, ad intervenire mediante il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi.

Per molti versi il CCI ricalca i binari già tracciati dalla Legge Fallimentare, tuttavia, utilizzando un diverso approccio.

Infatti, il legislatore ha espunto qualsiasi riferimento al termine “fallimento” o “fallito”, espressione mal vista poiché contenente un intrinseco giudizio di valore riferito alla persona.

Non a caso, fino a qualche anno non era raro sentir parlare di “fallito”, rivolto all’imprenditore.

Ebbene, con il CCI non si discorrerà più di fallito, bensì di soggetto sottoposto a liquidazione giudiziale, locuzione decisamente più neutra.

Ovviamente le novità introdotte dal CCI non sono solamente terminologiche, grazie ad esso, infatti, assumeranno un ruolo decisamente più centrale nell’impresa gli strumenti di programmazione, come ad esempio il piano industriale ed il budget etc.

Ancora, ulteriore novità introdotta dal CCI è la possibilità per i creditori di rifiutare unilateralmente l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione.

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