E’ fattibile l’annullamento di una cartella esattoriale dell’agenzia delle entrate qualora l’accertamento tributario risulti illegittimo, e ciò accade quando esso (in rettifica o d’ufficio) non sia:
- 1) Sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato
- 2) Accompagnato dal processo verbale di constatazione (c.d. “PVC”).
Le figure legittimate all’accertamento fiscale e la questione della delega
Soffermiamoci sul primo punto: la Corte di Cassazione ha precisato che a firmare l’accertamento debba essere il capo ufficio, o in sua vece un soggetto firmatario che deve:
- Appartenere alla carriera direttiva (quindi, deve essere un funzionario della “terza area”)
- Munito di delega del capo ufficio.
La delega, in particolare, deve necessariamente avere i seguenti requisiti:
- Essere scritta;
- Essere motivata (per esempio: carenza del personale, assenza, vacanza, malattia ecc.);
- Indicare espressamente il soggetto (nome e cognome) al quale viene conferita, senza un generico richiamo alle sue funzioni o alla sua qualifica;
- Indicare il giorno d’inizio e quello della scadenza della sua validità.
Per cui risultano illegittime le cosiddette deleghe “in bianco” o “impersonali”, anche quelle nelle quali viene indicata la sola qualifica professionale del funzionario intestatario della delega e non anche le sue generalità.
E ciò soprattutto alla luce della sentenza della corte costituzionale che ha dichiarato decaduti 767 dirigenti “promossi” senza pubblico concorso.
Sarebbe assolutamente legittimo richiedere di annullare le cartelle esattoriali emesse da Equitalia dal momento che l’orientamento prevalente sostiene che il difetto di poteri del funzionario firmatario dell’atto è causa di nullità dell’accertamento stesso.
E tuttavia, è bene non dare per scontato un risultato di questo tipo!
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Il PVC
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21768/2017, si è espressa sulla necessità di allegare all’avviso di accertamento il processo verbale di constatazione (c.d. “PVC”).
Già in passato la giurisprudenza aveva sancito l’illegittimità degli avvisi di accertamento che facevano richiamo al PVC redatto dai verificatori ma non contenevano, in allegato, il medesimo atto amministrativo.
“E’ preciso onere dell’Ufficio allegare all’avviso di accertamento gli atti richiamati per relationem, tanto più quando l’accertamento induttivo è basato esclusivamente su presunzioni semplici, non aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza”.
Dunque, il soggetto passivo ha il pieno diritto di conoscere tutti i dati e notizie che si pongono alla base della pretesa erariale, al fine di non vedersi negato il diritto alla difesa.
Tuttavia, in caso di impugnazione dell’avviso di accertamento, in quanto non riportante in allegato copia del processo verbale di constatazione, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione.
Cosa deve fare il contribuente per difendersi da un accertamento illegittimo dell’agenzia entrate?
Poiché, come detto, la risoluzione della questione dell’ annullamento delle cartelle esattoriali per accertamento illegittimo è tutt’altro che scontata e pacifica, è consigliabile verificare, in anticipo, se il funzionario dell’atto era titolato dei relativi poteri.
In tale ottica, è sempre possibile depositare un’istanza di accesso agli atti amministrativi presso l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate che ha emanato l’atto in contestazione.
In essa si chiederà di prendere visione del curriculum del dirigente che ha firmato l’atto o, se non si tratta di dirigente, della delega conferitagli dal dirigente avente poteri.
In alternativa è possibile presentare ricorso alla Commissione Tributaria e sollevare l’eccezione di difetto di poteri del funzionario anche se non si è depositata l’istanza di accesso agli atti, perché, secondo le regole relative all’onere della prova, spetta poi all’Agenzia delle Entrate dimostrare il contrario (vale a dire che il dirigente possedeva i poteri effettivi, avendo acquisito la carica con pubblico concorso, o era stato investito dei poteri di firma dal dirigente con apposita delega).
Il rischio è che se Equitalia avesse agito correttamente in tutto, il contribuente potrebbe essere costretto dal giudice a pagare le spese processuali ma, qualora l’Agenzia non dimostrasse alcunché, varrebbe il principio della non contestazione, per il quale tutto ciò che non viene contestato dalla controparte si considera ammesso (nel caso specifico si accetterebbe l’inidioneità delle figure preposte, e dunque si sancirebbero i presupposti per annullare la cartella dell’agenzia delle entrate per illegittimità).
Poiché la seconda alternativa presenta maggiori rischi, forse sarebbe il caso di pensare alla prima, dal momento che l’istanza di accesso agli atti amministrativi può essere presentata personalmente o attraverso il proprio legale: un avvocato tributarista (come quelli che hanno preso parte al nostro network regionale, che copre tutte le province lombarde) che possa valutare, alla luce della documentazione prodotta dal contribuente, se conviene (anche sotto un profilo economico) tentare il ricorso in via giudiziale per far dichiarare la nullità dell’atto di accertamento non legittimo.