Sovraindebitamento: cos’è e a chi si rivolge
Con la legge n. 3 del 27 gennaio 2012, tristemente conosciuta come “legge salva suicidi“, è stata ufficialmente introdotta nel nostro ordinamento giuridico la crisi da sovraindebitamento.
Si tratta, in estrema sintesi, di una procedura di composizione della crisi e della situazione debitoria, attualmente disciplinata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che permette alle famiglie e alle piccole imprese di ridurre i propri debiti depositando una proposta di accordo finalizzata alla ristrutturazione del debito.Il tutto, assicurando il pagamento al ceto creditorio sulla base di un piano omologato dal tribunale competente attraverso un taglio del debito ed una dilazione del pagamento.
Attualmente la nozione di Sovraindebitamento è contenuta dall’art. 6 del Codice della crisi e dell’insolvenza il quale la descrive come la “Situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.
Il legislatore, dunque, al fine di tutelare coloro i quali si trovano in una situazione di sovraindebitamento, ha introdotto una procedura ad hoc per aiutarli a sdebitarsi, nei limiti del possibile, e soddisfare quanto più possibile i creditori insoddisfatti.
Cosa si rischia se non si pagano i debiti
Non adempiere ai propri debiti può essere pericoloso poiché ci si espone a tutta una serie di possibili azioni che potrebbe esperire il soggetto creditore (o i creditori) per soddisfare la propria pretesa.
Il codice civile, infatti, stabilisce, ai sensi dell’art. 2740 c.c. che: “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni assunte con tutti i suoi beni presenti e futuri (…)”.Ciò significa, in parole povere, che il creditore potrà soddisfarsi legittimamente sul patrimonio del debitore, al fine di ottenere ciò che gli spetta, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge ovviamente.Pignoramento dei beni immobili
I beni che rappresentano una maggior garanzia per i creditori sono sicuramente gli immobili.
Essi, infatti, diversamente dai beni mobili, hanno generalmente un valore maggiore e sono facilmente aggredibili mediante il pignoramento.Prima di pignorare un bene immobile, però, è necessario munirsi del cosiddetto titolo esecutivo, come ad esempio una cambiale, un protesto, una sentenza o un atto notarile.Grazie al titolo esecutivo, infatti, è possibile agire in esecuzione direttamente sull’altrui patrimonio pignorando singoli beni, come ad esempio l’abitazione di proprietà del debitore.In questo modo, il debitore non potrà più disporre del bene, e gli eventuali atti di disposizione non saranno opponibili al creditore, il quale potrà, previa domanda al giudice, chiedere l’alienazione dell’immobile e soddisfarsi sul ricavato.Pignoramento presso terzi
Si tratta di una particolare forma di espropriazione forzata che ha per oggetto beni mobili del debitore in possesso di terzi o di crediti dello stesso nei confronti di terzi.
Di conseguenza, il pignoramento in questione vede come protagonisti tre parti: il creditore procedente (la parte attiva in senso sostanziale e processuale) il debitore esecutato (la parte passiva in senso sostanziale e processuale) il terzo pignorato (parte passiva solo in senso processuale).In estrema sintesi, grazie a questo particolare pignoramento il creditore può soddisfarsi sul bene del debitore detenuto da un terzo o da un credito che il debitore vanta nei confronti di un terzo, si pensi ad esempio allo stipendio, oppure alla pensione etc.Ovviamente il legislatore, al fine di garantire il debitore una vita dignitosa, ha previsto precisi limiti di pignoramento sia alle retribuzioni che alle pensioni.Come potersi tutelare legalmente
Come anticipato, il legislatore ha introdotto nel nostro tessuto ordinamentale, con la legge n. 3 del 2012, delle procedure usufruibili da determinate categorie di soggetti che si trovano in una situazione di sovraindebitamento.
Più precisamente, le suddette procedure si rivolgono ai consumatori e ai debitori non sottoponibili al fallimento, o più precisamente, alla liquidazione giudiziale: piccoli imprenditori, professionisti, privati.Per poter capire se si rientra in una di queste categorie è possibile fare riferimento al Codice della crisi d’impresa, il quale prevede i seguenti presupposti: 1) aver avuto, nei tre anni precedenti un attivo patrimoniale non superiore ad euro 300 mila; aver realizzato, nei tre esercizi precedenti, ricavi lordi non superiori ad euro 200 mila; avere debiti non superiori ad euro 500 mila.Accordo di ristrutturazione dei debiti
Un primo strumento utile potrebbe essere quello dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
Si tratta, in estrema sintesi, di una procedura pensata per le imprese (di piccole dimensioni) e per i liberi professionisti.Lo scopo dell’accordo, come il nome stesso suggerisce, è quello di trovare un’intesa con i propri creditori attraverso un piano di risanamento volto a soddisfare le loro pretese nei limiti delle possibilità patrimoniali del debitore.Una volta ottenuto il consenso del 60% dei creditori sarà possibile chiedere ed ottenere dal Tribunale la convalida dello stesso.Unitamente all’accordo, è necessario allegare anche una perizia di stima di un professionista la quale deve attestare l’oggettività dei dati aziendali e la fattibilità del piano in modo da assicurare il totale pagamento dei creditori entro e non oltre quattro mesi decorrenti dall’omologazione del giudice (se si tratta di debiti già scaduti all’omologazione) alla scadenza dei debiti (ove non lo siano ancora).Infine, occorre pubblicare l’accordo sul Registro delle Imprese affinché gli altri creditori (o chiunque sia interessato) possa opporsi.Se nessuno si oppone, o in caso di opposizione dopo che il giudice avrà deciso su di esse, il giudice potrà omologare l’accordo.Piano del consumatore
Si tratta ovviamente di una procedura pensata esclusivamente per i consumatori.
Per avviare l’iter è necessario rivolgersi agli Organismi di Composizione della Crisi, oppure a dei professionisti come ad esempio un avvocato, un commercialista o un Notaio.La prima fase è quella della stesura dell’accordo, una sorta di piano di restituzione dei debiti sulla base delle proprie condizioni patrimoniali.La proposta dovrà contenere i nomi dei creditori e le somme dovute, nonché le cause dell’inadempimento, le ragioni di attendibilità e lo stato di famiglia del proponente.La seconda fase, invece, è quella di deposito presso il Tribunale e, entro tre giorni, all’agente di riscossione.L’ultima fase è quella dell’omologazione.Una volta ricevuta la proposta, il giudice blocca le eventuali azioni esecutive in essere e, se ritiene idonea la proposta, la omologa con decreto.Liquidazione dei beni
Si tratta dell’ultima spiaggia tentata per finalizzare i propri creditori.
Può essere un’opzione per professionisti, consumatori e piccoli imprenditori.Tutto quello che occorre fare è rivolgersi al Tribunale e comunicare la propria volontà di consegnare tutti i propri beni al ceto creditorio.A tal punto il Tribunale nominerà un liquidatore, il quale quantificherà il proprio patrimonio, venderà i singoli cespiti e con il ricavato pagherà i singoli creditori.Ovviamente non sono liquidabili tutti i beni, come ad esempio: lo stipendio, pensione, assegno di mantenimento, alimenti, crediti non pignorabili ai sensi dell’art. 545 cpc, frutti derivanti dall’usufrutto dei beni dei figli e i beni costituiti nel fondo patrimoniale (ed i relativi frutti).L’importanza di rivolgersi ad un professionista
Per tutte e tre la procedura è di cruciale importanza avere a proprio fianco un professionista esperto nel settore, come ad esempio un avvocato esperto in sovraindebitamento.
In questo modo sarà possibile capire come fare per soddisfare i propri creditori nel minor tempo possibile e senza incappare in eventuali intoppi e cavilli burocratici che potrebbero rallentare l’intera procedura di liquidazione.